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08 Ottobre 2023

Infortunio mortale sul lavoro condannato anche il RLS

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La Cassazione Penale, con una recentissima sentenza, ha stabilito che in caso di infortunio sul lavoro possono essere chiamati a rispondere per omicidio colposo del lavoratore mortalmente infortunatosi non solo il datore di lavoro, ma anche il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) (Cass. Pen., Sez IV, sent. 25 settembre 2023, n. 38914).

La Cassazione penale, con la recentissima sentenza 25 settembre 2023, n. 38914, fa rientrare, in considerazione delle attribuzioni previste dall’art. 50 del D.Lgs. n. 81/2008, il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) nell’elenco normativo dei garanti della sicurezza insieme al datore di lavoro, il RSPP e il medico competente.

Il caso giunto all’esame della Corte di Cassazione riguarda la vicenda di un lavoratore che durante le operazioni di stoccaggio, dopo avere trasportato, a mezzo di un carrello elevatore, un carico di tubolari di acciaio, sceso dal carrello elevatore e arrampicatosi su uno scaffale per meglio posizionare il carico, veniva schiacciato e ucciso sotto il peso dei tubolari cadutigli addosso.

La Corte conferma la condanna del datore di lavoro per avere omesso di effettuare la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei dipendenti, di valutare il reale rischio di caduta dall’alto delle merci stoccate sugli scaffali e di elaborare le procedure aziendali in merito alle operazioni di stoccaggio dei pacchi di tubolari sullo scaffale sul quale si è verificato il sinistro, consentendo quindi che il lavoratore infortunato, assunto con mansioni e qualifica di impiegato tecnico, svolgesse di fatto anche le funzioni di magazziniere, senza averne ricevuto la corrispondente formazione, comprensiva dell’addestramento all’utilizzo del carrello elevatore.

Ma la vera novità della sentenza sta nel fatto che viene confermata anche la condanna del RLS per cooperazione colposa nel delitto di omicidio colposo dal momento che è emersa dai fatti una sua condotta omissiva: egli, infatti, avrebbe omesso di promuovere l’elaborazione, l’individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori, di sollecitare il datore di lavoro ad effettuare la formazione dei dipendenti (tra cui il lavoratore deceduto) per l'uso dei mezzi di sollevamento e di informare i responsabili dell'azienda dei rischi connessi all'utilizzo, da parte del lavoratore vittima dell’infortunio mortale, del carrello elevatore.

Al riguardo la Corte di Cassazione sottolinea come “l'art. 50 del D.Lgs. n. 81/2008, che ne disciplina le funzioni e i compiti, attribuisce al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza un ruolo di primaria importanza quale soggetto fondamentale che partecipa al processo di gestione della sicurezza dei luoghi di lavoro, costituendo una figura intermedia di raccordo tra datore di lavoro e lavoratori, con la funzione di facilitare il flusso informativo aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro”.

Nel caso di specie, viene in rilievo non se l'imputato, in tale sua veste, ricoprisse o meno una posizione di garanzia - intesa come titolarità di un dovere di protezione e di controllo finalizzati ad impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire (art. 40 cod. pen.) - ma se egli abbia, con la sua condotta, contribuito causalmente alla verificazione dell'evento ai sensi dell'art. 113 cod. pen.

E, sotto questo profilo, è emerso con evidenza che il RLS non ha in alcun modo ottemperato ai compiti attribuitigli per legge, consentendo che il lavoratore fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione, e non sollecitando in alcun modo l’adozione da parte del datore di lavoro di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, nonostante le sollecitazioni in tal senso formulate dal RSPP.