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12 Giugno 2017

Ricarica carrelli elevatori ed esplosione: uno strumento utile per valutare le soluzioni tecniche

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Durante la ricarica delle batterie acquose, si ha la produzione di gas idrogeno che può formare atmosfere esplosive. Le soluzioni per evitare l'accumulo sono:

1) ricarica in esterno;

2) impianto di aspirazione;

3) realizzazione di impianto di aerazione forzata;

4) realizzazione di aperture di aerazione;

5) ricarica in locali sufficientemente ampi.

Quando parliamo di sicurezza e salute dei lavoratori, spesso capita di imbattersi in affermazioni, tramandate oralmente, prive di alcun fondamento o, quando siamo fortunati, frutto di un estremismo che nulla a che fare con la norma e la tecnica.

Uno di questi è la ricarica dei muletti all'interno di locali chiusi.

Qual è il problema legato alla ricarica dei muletti?

All'interno delle batterie dei carrelli elevatori, dei transpallet elettrici e dei commissionatori, è presente un elettrolita composto da acqua (70%) e acido solforico (30%). Quando un singolo elemento della batteria raggiunge il suo livello di carica, inizia l'elettrolisi dell'acqua che produce l'emissione di gas idrogeno che, liberato nell'aria, potrebbe formare atmosfere a rischio di esplosione per miscelazione con l'aria.

Da qui, nasce la convinzione che non sia accettabile ricaricare i muletti all'interno di locali chiusi, per prevenire la formazione di atmosfere esplosive.

Qual è la verità, allora?

Sebbene il processo descritto al punto precedente sia reale, la generazione di gas idrogeno è, generalmente contenuta per ogni singola batteria. Al fine di evitare la formazione di atmosfere esplosive in quantità elevate, è possibile adottare diverse misure:

1) realizzare aree ricarica batterie esterne: in questo caso otteniamo un'elevata diluizione dei gas prodotti determinando, sostanzialmente, una riduzione elevata del rischio di esplosione. I problemi non mancano, però, in quanto devo adottare strumenti che impediscano che i carrelli siano oggetto di furto, senza creare una situazione di scarso passaggio di aria. La scelta possibile riguarda la creazione di box con reti elettrosaldate e tetto spiovente con aperture nella parte alta, visto che l'idrogeno è un gas leggero. Si ricorda che questo determina la realizzazione di strutture fisse, quindi soggette ad autorizzazioni edilizie;

2) realizzazione di impianto di aspirazione: in questo caso, potrei caricare le batterie all'interno dei locali ottenendo l'estrazione di gas che si formano, e il loro convogliamento in esterno. I difetti sono legati al costo dell'impianto in quanto deve essere realizzato con componenti ATEX categoria 1G o 2G e deve garantire il funzionamento durante la ricarica mediante sistema di rincalzo, oppure, mediante collegamento all'alimentazione dei carrelli in modo che, in caso di mancato funzionamento dell'impianto di aspirazione, cessi immediatamente l'alimentazione ai caricabatterie. Essendo un impianto che determina emissioni in atmosfera, è necessario procedere alla richiesta di autorizzazione, generalmente, concessa in via generale;

3) realizzazione di impianto di aerazione forzata: la diluizione dei vapori di gas è ottenibile mediante sistema di aerazione che immetta nel locale una quantità sufficiente di aria dall'esterno. Anche in questo caso, l'impianto deve essere ad alta disponibilità mediante ventole di rincalzo oppure collegamento all'impianto di alimentazione dei caricabatterie;

4) realizzazione di aperture: realizzando aperture verso l'esterno, nei pressi dell'area di ricarica, posso ottenere un'adeguata diluizione del gas prodotto, fino a scendere sotto il LEL (Lower Explosive Limit). Chiaramente, queste aperture devono trovarsi sul medesimo lato dell'edificio in cui si trova l'area di ricarica. La dimensione delle aperture devono essere uguali o superiori al valore calcolato mediante l'applicazione della EN 50272-3;

5) ricarica in locali ampi: anche se ricarico in locali privi di aerazione ma sufficientemente ampi, si una diluizione dei gas sufficiente per garantire una concentrazione inferiore al LEL. La dimensione del locale viene anch'essa determinata dalla norma EN 50272-3.

Conclusioni

Come vedete, le norme difficilmente impongono una determinata soluzione ma, legati alla valutazione dei rischi, permettono all'imprenditore e ai tecnici che lo assistono di poter scegliere la soluzione più adatta alla propria situazione specifica.