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07 Giugno 2021
SENTENZE | 20092-2021 Quando la mancata conoscenza di prassi scorrette diviene colpa del datore di lavoro
Molte volte leggiamo di operazioni lavorative che, per minor tempo di esecuzione o semplicità, risultano divenire la prassi per alcuni dipendenti. Tali operazioni, definite comunque prassi scorrette, dovrebbero sempre essere prese in considerazione e mutate da parte del datore di lavoro. Vediamo cosa accade nel caso in cui un datore di lavoro non fosse a conoscenza di prassi scorrette nelle operazioni quotidiane.
Un lavoratore dipendente di un mangimificio, salito sul piano sopraelevato dell’impianto del silos, apriva il coperchio del foro di ispezione di una tramoggia per la farina di orzo la quale si era ingolfata.
Introducendo la mano e l’avambraccio all’interno del silo entrando in contatto con la lama raschiatrice in movimento la quale era stata azionata da un collega responsabile dei lavori e referente del mangimificio, il quale non si assicurava che l’infortunato operasse in condizioni di sicurezza.
Il lavoratore subiva così l’amputazione della falange unguelare del III dito e la sub amputazione II apice del II dito della mano sinistra.
Per l’infortunio viene condannato il datore di lavoro e amministratore unico, accusato di colpa generica e specifica consistita in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Nello specifico il datore di lavoro viene accusato di non aver messo a disposizione le attrezzature idonee ai fini della sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere conformemente all’allegato V del d.lgs 81/2008.
L’apertura della tramoggia risultava infatti sprovvista di griglia o di altro idoneo riparo che impedisse l’ingresso con la mano e, ancora, il coperchio amovibile era privo di un sistema di bloccaggio collegato con gli organi in movimento della lama interna.
In aggiunta viene rilevata la mancata individuazione e valutazione dei rischi relativi alle operazioni di disintasamento della tubazione nonché la conseguente mancanza di idonee misure di sicurezza.
Il ricorso
Avverso a tale sentenza l’imputato ricorre adducendo la contraddittorietà della motivazione secondo la quale le operazioni di disintasamento del silo tramite battitura con martello di gomma e l’utilizzo della scala cimiteriale fossero definibili come “assoluta normalità”, vista la mancanza di traccia negli atti.
Per quanto riguarda il DVR esso non prevedeva e non poteva prevedere il rischio in oggetto in quanto il foro di ispezione, sviluppato in altezza ad una distanza di oltre tre metri dal piano, non doveva e non poteva essere utilizzato da operai generici se non per mera visione delle pale interne; esso era infatti contemplato solo in caso di attività manutentiva.
Viene evidenziata la mancata conoscenza da parte del datore di lavoro di prassi comportamentali come quella in oggetto, così come ricordato anche dal preposto.
Si sottolinea il carattere eccentrico della condotta attuata dall’infortunato e dal preposto.
Carenza di motivazione circa la specificità di “condotta grave” da parte del datore di lavoro.
La sentenza della Corte
Privo di fondamento, secondo la Corte di Cassazione, il ricorso deve essere rigettato.
Per quanto riguarda la prassi reputata normale, la sentenza impugnata definisce tale non l’accesso al foro di ispezione con l’introduzione del braccio, bensì quella per la quale i lavoratori salivano sulla scala anche solo per l’operazione di battitura con il martello di gomma.
Come riportato in sentenza, quando questa operazione per il disintasamento della tramoggia non aveva successo i lavoratori procedevano direttamente all’apertura del tappo della tubazione della farineria e alle conseguenti operazioni di ispezione visiva e disintasamento manuale.
Da qui si procede all’analisi della prevedibilità che i dipendenti non riuscissero a disintasare il tubo del silo con la semplice battitura dall’esterno e che cercassero la risoluzione del problema come avvenuto con l’infortunio.
Viste le dichiarazioni dei teste che sottolineavano come, talvolta, l’operazione di battitura non fosse sufficiente, viene desunta la prevedibilità dell’evento lesivo e la sufficiente colpa dell’imputato per non averlo impedito vista l’elevata ricorrenza dell’intasamento e quindi la mancata analisi approfondita all’interno del DVR di tale procedura.
“La colpa del ricorrente è stata, pertanto, individuata nel non aver colmato un vuoto di previsione delle modalità di risoluzione dei problemi di accorpamento e/o inceppamento della farina, in presenza di macchinari pericolosi, in quanto non dotati di mezzi di protezione efficaci.”
Tanto più che qualora si verifichi un evento lesivo dovuto ad una prassi contro la legge, il datore di lavoro o il dirigente non può scagionarsi assumendo di non essere stato a conoscenza della illegittima prassi tanto che tale ignoranza risulta motivo di colpa per l’inosservanza al dovere di vigilare sul comportamento del preposto.
Per quanto concerne, poi l’eccentricità della condotta del lavoratore, pur certamente imprudente, non si configura come abnorme in quanto volta a risolvere un problema lavorativo per il quale lo stesso stava operando.
Per questi e più approfonditi motivi il ricorso viene rigettato.
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